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Passione e compassione
In ricordo di Augusto Vittorio Amodeo
di Fides Modesto Minazzi


Augusto Vittorio Amodeo
Augusto Vittorio Amodeo è scomparso mercoledì 18 febbraio.
Ne avevamo conosciuto l'impegno civile e apprezzato il rigore intellettuale e morale. Ora che Augusto Amodeo non è più tra noi, comprendiamo pienamente che il suo pensiero e la sua azione si alimentavano di passione ma anche di vera compassione, nel senso etimologico del "patire-con", patire con gli altri.
Era uomo di scienza. Laureato in ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Genova, si era anche illustrato con sue invenzioni, alcune poi brevettate. Gli incarichi di giovane dirigente d'azienda lo avevano portato ad operare in varie città.
A Palermo, l'incontro con Renata Justich, che gli sarà preziosa compagna per quasi cinquant'anni e porterà all'interno della coppia fantasia e calore.
Esperto di scienza e di tecnica, Augusto Amodeo era parimenti attratto dalla cultura umanistica. Trovava una delle sue figure di riferimento nel filosofo Roberto Ardigò, suo parente per parte di madre che, utilizzando il metodo positivo di stampo europeo, aveva messo in discussione l'idealismo dominante in Italia a cavallo tra i secoli XIX e XX.
Contribuiva con i suoi scritti a varie pubblicazioni e intratteneva rapporti personali - epistolari ma anche diretti - con artisti ed intellettuali. Nel suo ultimo articolo su l'Arengario, in occasione della recente scomparsa di Norberto Bobbio, Augusto ricordava con emozione l'incontro di anni fa con il grande pensatore.
Dalla fine del 2001 a quest'ultimo articolo, con la firma “Vittorio Amodeo”, ha scritto per l'Arengario più di trenta articoli, oltre a numerosi interventi nel forum di discussione.
Lo stile personale, sempre lucido e razionale, era improntato a volte ad una certa ruvidezza, che si manifestava a tratti anche nei suoi scritti. I bersagli della vis polemica potevano essere le scelte politiche di qualche governo o la follia collettiva portatrice di rovina; o anche l'insipienza e la mancanza di spirito critico di certi settori della stessa parte politica dove lui si collocava. In ogni caso, la scrittura appariva ed era ispirata da profonda onestà intellettuale.
Quando si è presentata la malattia grave a minacciare l'autonomia fisica, non è riuscita a scalfire la volontà, che è rimasta sempre e comunque quella del lottatore, dell'atleta che non teme di cimentarsi con i traguardi più aspri. Questa volta si trattava di confrontarsi con la tappa finale: la morte.
Ma anche qui, la rivendicazione di un diritto, per sé e per gli altri: il diritto di morire dignitosamente, senza accanimenti o cedimenti, invitando alla gioia e al sorriso.
Così si esprime in uno dei suoi ultimi messaggi:

Mi hanno messo ormai tra i malati terminali, quindi è presumibile che tra qualche tempo (poco o tanto non si sa, né alcuno lo precisa) abbia da terminare la cosiddetta "avventura terrena".
La cosa è prevista, prevedibile, normale, quindi non deve scuotere più di tanto.
Il mio funerale, per pochi amici e parenti, sarà rigorosamente laico.
Ad un funerale è d'uso in genere dire poche parole, se no la gente si sente un po' smarrita. Così avrei pensato di preparare io due brevi paginette da leggere, lentamente.
Si tratta di motti, aforismi, frasi - alcune delle quali mie, altre no - che ho amato e mi sono state vicine. Forse è un modo di ricordarmi.
Vorrebbe essere una specie di predica laica, ma con forte anelito all'amore, alla gioia, alla vita.
Al mio funerale voglio vedere gente allegra!

Lucidità, civiltà, ironia; anche se dietro a tanto autocontrollo si coglie il pathos di un uomo che deve dare l'addio alla vita.
E da questa raccolta di aforismi e considerazioni che Augusto Amodeo ci ha lasciato, una sorta di testamento spirituale, emerge senza più veli la compassione, la capacità di patire per l'altro da sé, di amarlo senza riscontro interessato; e insieme il tormento per l'esiguità della propria capacità d'intervento a fronte di tante sofferenze. C'è però anche la gioia di sentirsi in sintonia con la natura senza mediazioni, come un semplice filo d'erba, la percezione di riuscire a raggiungere - in quanto parte del tutto - una forma di immortalità.

Fides Modesto Minazzi


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  24 febbraio 2004